lunedì 16 novembre 2020

  Purtroppo molti giornalisti non conoscono bene l’italiano. Esercizio abusivo della professione significa esercizio abusivo della professione, non dell’attività giornalistica. La professione è, secondo il Devoto Oli, che purtroppo non è allegato alla legge istitutiva dell’Ordine dei Giornalisti (e i risultati si vedono), “attività esercitata in modo continuativo a scopo di guadagno”. Del resto, lo dico per i non giornalisti, siccome per ottenere l’iscrizione all’Ordine uno dei requisiti richiesti è avere svolto attività giornalistica, anche un bambino di quattro anni, e quindi anche un giornalista, capirebbe che l’attività giornalistica per i non iscritti all’Ordine è consentita.

domenica 11 gennaio 2009

INTRODUZIONE

Abbiamo raccolto qui una serie di informazioni utili a chi volesse intraprendere la professione di giornalista. Secondo l’Ordine dei Giornalisti solo chi è iscritto all’albo può esercitare tale professione. Ciò è profondamente vero. Ma , attenzione, tale norma riguarda solo coloro che esercitano in maniera esclusiva la “professione” di giornalista.
Tutti coloro che vogliono collaborare ad un giornale o ad una emittente televisiva, realizzare servizi, programmi e quant’altro se non esercitano la professione ma prestano la propria opera occasionalmente possono avvalersi del diritto di espressione sancito dalla Costituzione italiana.
I c.d. Abusivi (definizione usata dall’Ordine) non sono in realtà …abusivi.
Un incaricato da una testata giornalistica può partecipare a conferenza stampa, riprendere immagini, realizzare servizi in video. Tutto è concesso tranne se si “esercita” il mestiere di giornalista a tutti gli effetti ovvero se il tutto è realizzato a tempo pieno e si ottiene un sostentamento quasi esclusivo.
In giurisprudenza non esistono norme che limitano la libertà di espressione. La Corte Costituzionale ha sempre vigilato e vigila che questo non possa accadere, come vedremo in questa trattazione.

sabato 10 gennaio 2009

IL REATO DI ESERCIZIO ABUSIVO DELLA PROFESSIONE DI GIORNALISTA

Esercizio abusivo della professione.

L’esercizio abusivo della professione è un reato previsto dal codice ma , proprio per la natura generalista con cui è sancito, è di difficile applicazione soprattutto per la particolare natura del lavoro giornalistico la cui unica prerogativa è quella del “saper scrivere”.
Se comprovare il reato di esercizio abusivo della professione medica è semplice , non lo è per quella di giornalista. La legge e le sentenza emanate prevedono che un solo atto abusivo configura il reato(nel caso di un medico). Così non è per la professione giornalistica dove l’aspetto della professionalità, per essere provato, deve coincidere con una serie di atti da parte dell’operante che sostanzino l’acquisizione dello status di giornalista professionista.
Ad esempio dichiararsi professionista in scritti e documenti, esercitare a tempo pieno la professione, tenere dei corsi di giornalismo, operare quale addetto stampa,ecc.
Chi non esercita l’attività per professione può dunque continuarlo a fare senza alcun timore di incorrere in tale reato.

LA CORTE COSTITUZIONALE RIBADISCE

SENTENZA N. 38/1997
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara ammissibile la richiesta di referendum popolare perl'abrogazione della legge 3 febbraio 1963, n. 69

1. - La richiesta di sottoporre a referendum abrogativo l'interalegge 3 febbraio 1963, n. 69 (Ordinamento della professione digiornalista), risulta ammissibile non sussistendo le ragioni ostativericonducibili all'art. 75 della Costituzione ed alla relativaelaborazione giurisprudenziale. Giova preliminarmente ricordareche questa Corte si è già occupata, in sede di giudizio incidentale dilegittimità costituzionale, di alcune norme della legge in oggetto. Inquelle occasioni (sentenze n. 71 del 1991 e n. 11 del 1968) il Collegio- chiamato a verificare se l'esistenza dell'Ordine professionale deigiornalisti fosse contrastante con l'art. 21 della Costituzione - haaffermato che non osta al principio della libera manifestazione delpensiero il fatto che i giornalisti siano così organizzati, ancheperché tale Ordine ha il «compito di salvaguardare, erga omnes enell'interesse della collettività, la dignità professionale e lalibertà di informazione e di critica dei propri iscritti». Inquesta sede, tuttavia, occorre precisare che l'aver escluso chel'esistenza dell'ordine dei giornalisti si ponga in contrasto conprincipi di rilevanza costituzionale, non significa che tale esistenzadebba ritenersi obbligatoria.

Nel dichiarare ammissibile il referendum sull'abrogazione dell'Ordine la Corte Costituzionale richiama la sentenza del 1968 e finisce per affermare , ancora una volta , che l'ODG ha il compito di vigilare sui propri iscritti "erga omnes" (*) e che l'esistenza di tale organo non è indispensabile.






(*)Nel linguaggio giuridico, si usa dire che ha efficacia erga omnes qualsiasi norma, decreto, contratto che senza eccezione alcuna venga applicato ad intere categorie di persone

LA NATURA "COESSENZIALE" DELL'ART 21

La Corte Costituzionale si è più volte espressa sulla natura "coessenziale" dell'articolo 21 rispetto alregime di libertà garantito dalla Costituzione, cioè il carattere di"cardine" che tale norma riveste rispetto alla forma di "Repubblicademocratica" fissata dalla Carta costituzionale (sentenze C.C. n. 5 del1965; n.11 e n.98 del 1968; n.105 del 1972; n. 94 del 1977).

Esiste un interesse generale alla informazione -indirettamente protetto dall'articolo 21 della Costituzione - e questo interesse implica, in un regime di libera democrazia, pluralità difonti di informazione, libero accesso alle medesime, assenza diingiustificati ostacoli legali, anche temporanei, alla circolazionedelle notizie e delle idee (sentenza C.C. 15 giugno 1972 n. 105);

L'ART. 21 DELLA COSTITUZIONE ITALIANA

Art. 21.
Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.

giovedì 8 gennaio 2009

LA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE

Sentenza 11/1968
Giudizio GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE
Presidente SANDULLI
Relatore BONIFACIO
Udienza Pubblica del 14/02/1968 Decisione del 21/03/1968
Deposito del 23/03/1968 Pubblicazione in G. U.

Massime: 2748 2749 2750 2751 2752
N. 11SENTENZA 21 MARZO 1968Deposito in cancelleria: 23 marzo 1968.Pubblicazione in “Gazz. Uff.le” n. 84 del 30 marzo 1968.Pres. SANDULLI - Rel. BONIFACIO



4. - Ciò posto, la Corte osserva che per un’esatta valutazione del fondamento della questione sottoposta al suo esame occorre tener presente che la legge impugnata, realizzando un proposito espresso fin dal 1944 dal legislatore democratico (art. 1 del D.L. Lt. 23 ottobre 1944, n. 302), disciplina l’esercizio professionale giornalistico e non l’uso del giornale come mezzo della libera manifestazione del pensiero: sicché è esatto quanto sostengono sia la difesa dell’Ordine di Sicilia sia l’Avvocatura dello Stato, che essa non tocca il diritto che a “tutti” l’art. 21 della Costituzione riconosce. Questo sarebbe certo violato se solo gli iscritti all’albo fossero legittimati a scrivere sui giornali, ma è da escludere che una siffatta conseguenza derivi dalla legge. Ne costituisce riprova, oltre l’oggetto stesso del provvedimento, l’esplicita disposizione contenuta nell’art. 35: il quale, in quanto subordina l’iscrizione nell’elenco del pubblicisti alla prova che il soggetto interessato abbia svolto un’“attività pubblicistica regolarmente retribuita per almeno due anni”, dimostra che la stessa legge considera pienamente lecita anche la collaborazione ai giornali che non sia né occasionale né gratuita. Senza che ci sia bisogno di affrontare questioni di interpretazione non essenziali per la presente decisione, appare certo che l’art. 35 circoscrive la portata del divieto sancito nell’art. 45, limita l’estensione dell’obbligo di iscrizione all’albo e, in definitiva, conferma che l’appartenenza all’Ordine non è condizione necessaria per lo svolgimento di un’attività giornalistica che non abbia la rigorosa caratteristica della professionalità.